Siamo agli sgoccioli della decima edizione dell’HaBaWaBa International Festival, Roberto De Gennaro ed io ci rincorriamo e alla fine riusciamo a sederci per una chiacchierata, proprio di fronte alla piscina Olimpionica del Villaggio Ge.Tur. Un piacevole momento di pausa tra una partita e l’altra, durante il quale ho modo di fare il punto della situazione con chi l’HaBaWaBa l’ha visto nascere e crescere: il suo Latina è stato presente in 10 edizioni su 10!

Roberto, parliamo subito di cosa rappresentano questi 10 anni di HaBaWaBa…

Rappresentano una parte importante del lavoro della nostra società, un cambio culturale del nostro sport, perché 10-15 anni fa erano pochissime le società che proponevano attività a queste età. Con l’arrivo dell’HaBaWaBa  l’approccio è cambiato, è stato anticipato l’accesso dei bambini alla pallanuoto, andando a colmare il gap che avevamo con gli altri sport. Oggi, dopo 10 anni, vediamo a queste età bambini già strutturati tecnicamente, una nota positiva per tutti. È anche un’occasione di crescita in cui credo molto, tanto che solitamente spingo all’interno della mia società per portare il maggior numero di ragazzi. Quest’anno poi abbiamo esagerato, aggregando ai nostri bambini un gruppo di coetanei di Trento, un pari età di Roma (il figlio di Francesco Postiglione, ndr) e due di Napoli, una cerniera che lega Nord e Sud, e che non mancherà di regalare ai presenti nuove amicizie da coltivare a distanza.

Un impegno non da poco.

Gli Orsetti del Latina premiati durante la cerimonia di chiusura

Gli Orsetti del Latina premiati durante la cerimonia di chiusura

Sì, ma lo faccio con grande passione:  i bambini che vengono qui poi tornano sempre nella loro città con maggior voglia di praticare questo sport. L’obiettivo del Latina Pallanuoto è proprio questo, non vincere l’HaBaWaBa ma creare solide basi nei bambini, fatte soprattutto di passione e amore per questo sport.

Già, vincere l’HaBaWaBa…

Non dovrebbe essere l’obiettivo di nessuno, anche se ci sono realtà già strutturate per la vittoria. Chapeau, l’importante secondo me è che poi questi atleti non si perdano nelle importanti fasi successive della loro crescita ma raggiungano la prima squadra. Posso dirti con soddisfazione che la nostra interpretazione del torneo, cioè quella corretta, che propugnate da 10 anni, è un percorso virtuoso che porta notevoli risultati: quest’anno in serie A2 abbiamo schierato con discreto minutaggio diversi giocatori cresciuti qui a Lignano, come Giorgio de Bonis (2001), Edoardo Schettino (2001), Giancarlo Zilli (2000), Alessandro Talese (2001), Davide Cialdone (2002).

Concordo al 100%. Aggiungerei che è certamente possibile prepararsi per vincere, ma non basta se a farlo sono solo i bambini in acqua: anche i tecnici e soprattutto i genitori dovrebbero comprendere meglio le esigenze psicofisiche di questa età. Sei d’accordo?

Assolutamente sì. Quello che vediamo ogni tanto anche all’HaBaWaBa è un pò il problema della mancata comprensione della cultura dello sport, che dovrebbe essere nel DNA di tutti noi addetti ai lavori, che a nostra volta dovremmo veicolarla alle famiglie, fargli arrivare un messaggio distensivo e non aggressivo dello sport.

Noi di Waterpolo Development ci battiamo ogni giorno in questa direzione. Ritieni che si debba fare di più?

Francesco DiRusso, giocatore del Latina, premiato per la partecipazione a 6 Festival consecutivi

Francesco Di Russo, giocatore del Latina, premiato per la partecipazione a 6 Festival consecutivi

Innanzitutto ti posso dire che in questi 10 anni ho notato un miglioramento netto del rapporto allenatori-arbitri: nei primi anni c’erano parecchi episodi di contrasti, oggi gli episodi sono più rari. Purtroppo non registro lo stesso miglioramento nella condotta dei genitori, che spesso trascendono, senza comprendere che anche il loro comportamento, positivo o negativo che sia, verrà impresso nella educazione dei propri figli, nella loro cultura sportiva. È un cambiamento culturale molto difficile che non può materializzarsi in una sola settimana, va ricercato ogni giorno in allenamento, per accettare la sconfitta o l’errore arbitrale. Come ricorda Velasco, meglio evitare la cultura dell’alibi.

A mio avviso fornite già strumenti a sufficienza, penso al Passaporto del Campione che tutti gli anni fornite ad ogni giocatore: io lo tengo nella scrivania di lavoro, e spesso, quando un cliente o un collega passa a trovarmi e mi chiede cosa sia quell’opuscolo ho sempre piacere a spiegare cosa e quanto importante sia. Purtroppo i bambini lo dimenticano e i genitori dimenticano di leggerlo, mentre invece sarebbe una lettura molto utile ad entrambi.

Nei primi anni di Festival le squadre erano allenate da tecnici di giocatori più grandi, che si prestavano all’HaBaWaBa, faticando magari a rinunciare a metodiche più adatte a giocatori formati, sotto tutti i punti di vista: fisico, caratteriale, psicologico. Oggi i tecnici che vediamo all’HaBaWaBa sono sempre più specializzati per rispondere alle esigenze di questa fascia d’età. Credi che i miglioramenti che registri dipendano anche da questo?

Assolutamente vero. Molto si è fatto nel cambio culturale degli allenatori, con tecnici non più prestati ma specializzati al ruolo.

Cosa possiamo fare di più?

Credo che questo evento sia ormai arrivato al top per numero di partecipanti, superare i numeri attuali potrebbe mettere il Festival in crisi al minimo intoppo, farei quindi attenzione a questo. Inoltre, pur considerando i costi adeguati, chiederei all’Associazione uno sforzo affinché non vengano toccati, perché in questi ultimi anni la crisi si è fatta sentire e proporre ad una famiglia la partecipazione all’HaBaWaBa significa metterla di fronte ad una scelta tra il Festival e le vacanze. Il mio è un “Help” non solo alla Waterpolo Development, ma anche a FINLEN e FINA, il cui intervento potrebbe aiutare le famiglie in un momento delicato.

 

 

 

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